sabato 31 agosto 2019

MAMMA ADOLFA ED I CUCCIOLI

Piccolo estratto da IO SONO IL LUPO. Il branco, dopo la caccia, torna alla tana. Mamma Adolfa ed i cuccioli sono spariti (spostamento necessario a causa di un orso famelico).


I piccoli finalmente si acquietarono ed anche Adolfa poté rilassarsi. Permise loro di attaccarsi alle mammelle, cercando di compendiare con gli insegnamenti a sua volta ricevuti dalla madre, quanto ai cuccioli già suggeriva l’istinto. Ogni atto, ogni gesto possedevano una valenza che andava oltre il mero significato del gesto stesso: quando Adolfa li stimolava a succhiare con maggior vigore, impartiva loro lezioni su una vita che sarebbe stata difficile, e se ora si trattava di conquistare una goccia di latte in più dei fratelli, prossimamente si sarebbe trattato di combattere contro un orso... Della vita loro erano ancora inconsapevoli comparse, ma sarebbe venuto presto il giorno in cui qualunque insegnamento materno avrebbe svelato il proprio arcano.
Il tempo per impartire ai cuccioli le lezioni che avrebbero fatto la differenza fra il vivere e il morire in quella foresta, non mancava: Adolfa avrebbe avuto l’intera estate e l’intero autunno a disposizione. Ma con l’arrivo dell’inverno tutto sarebbe stato più complicato e i suoi quattro marmocchi avrebbero dovuto essere in grado di sopportare il gran freddo, di vagare nella neve, di resistere alla fatica, e sempre con la pancia mezza vuota… Se fino ad un certo punto il loro status riservava loro quei privilegi che erano appannaggio dei nuovi nati, in seguito avrebbero dovuto cavarsela da soli e la dura legge del branco avrebbe regolato anche le loro vite.
La gerarchia era la chiave della sopravvivenza.

Mentre era occupata a far rinvenire i cuccioli dall’imprevisto spostamento, i lupi tornavano alla tana, senza nulla da portare se non una piccola lepre tutta ossa. Avevano fame e sbavavano ma Rolf li aveva tenuti tutti a bada con i suoi ringhi minacciosi.
Appoggiò il magro pasto davanti alla tana ma con enorme sorpresa la trovò completamente distrutta: le radici erano state divelte e all’interno non c’era nessuno. Annusò l’aria, percependovi l’odore dell’orso. Inquieto, prevedendo un massacro, prese a ululare: un ululato straziante e lamentoso, a cui si unì l’intero branco.
Mentre le voci si rincorrevano in quel lamento inconsolabile, du-rante una pausa di silenzio si udì in lontananza un ululato solitario, nitido e vibrante. Era lei, la lupa alfa che lanciava al cielo e al mondo il suo canto di vita.
(figura di lupi che ululano, didascalia disegno, “ULULATO CORALE”)

E.T. Copyright ©  Emanuela Taddei

(foto da WEB)

Comincio a bere !!!

Comincio a bere !!!  (E.T.)

(Vignetta da SCRITTOMANTE)

Alto Medioevo (SALTO NEL TEMPO)


Siii!!! Quanto avrei voluto trovarmi nel monastero di Santa Giulia!!! Non è stato semplice viverlo tra le mie pagine!!! (E.T.)

(da Scrittomante)

ERRORI


Errori, errori, errori... Li trovo sempre, continuamente, incessantemente... (E.T.)
 E.T. Copyright ©  Emanuela Taddei


(da SCRITTOMANTE)

martedì 20 agosto 2019

Quando si dubita di tutto ... ovvero di sé stessi... BRESCIAOGGI

IL LIBRO. «Rinascita al Museo Santa Giulia» di Emanuela Taddei Svenire e poi risorgere all’ombra del monastero.   Alessandra Tonizzo BRESCIAOGGI 23 AGOSTO 2018
Cristina ha 19 anni. Sta assecondando «decine di fatti irrilevanti» che la portano allo sciupìo di una vita «appena dignitosa». Emanuela Taddei–scrittrice bresciana, classe 1966, infermiera con la passione per lupi, pennini e cosmogonie– le fa incontrare Ermengarda, moglie di Carlo Magno, et voilà: ecco «Rinascita al Museo Santa Giulia» (Compagnia della Stampa). Proprio lì, tra le eteree sale dove Cristina lavora come custode ascoltando «il silenzio ingombrante del vecchio monastero». UN LIBRO libero, questo. L’autrice ha seguìto la propria missione alle lettere, coincidente con l’appello anti-violenza che fa sgolare le donne da tempo immemore e che avvicina la sua protagonista Cristina ad Ermengarda, per via del suo rapporto con re Carlo. «Andavo al lavoro e ho sentito alla radio dell'ennesimo femminicidio», ricorda Emanuela, ripensando a quando le è nata l’idea del romanzo che sarà presentato al Museo questa sera alle 20. Unire l’assalto della forza interiore al lamento femminile ha prodotto 96 pagine recalcitranti. Una scrittura bella, traslucida. C’è vita. Taddei la cavalca. Sorride poiché contro «mani maschili e meschine», ne è sicura, può l’arte. VISITATO tutto il complesso di via Musei vien voglia di tornarci, fuori dall’inchiostro. «Rinascita» lega la vicenda della protagonista all’ episodio della triste sposa ripudiata che Manzoni, nell’Adelchi, indugia in lacrime. Qui non ha scorte né d’amore né di sale, è combattiva, rivuole l’esistenza negata, slacciata dalla Regola. Narcolessie, svenimenti per passare al ‘700 di principi e re. Memorie longobarde inizialmente amate, evocate («Posso lasciarmi cullare dalle mie immagini, e costruire storie che in seguito disfo, e favole simili a quelle che raccontava la nonna quando ero bambina»), poi però temute poiché riscontrabili, reali nella realtà di un passato remoto che ritorna. Quando persino la Vittoria Alata si anima,
sussurra, e la giuntura di Chronos cigola, la pazzia fa breccia. Benedett(in)a pazzia. Porta la giovane ad alzare gli occhi («La volta è semplice e scarna. Come deve essere stata faticosa la vita sotto questo soffitto…»), a rendersi conto di come la clausura non sia soltanto cosa da novizie.  E il dialogo tra le due, Cristina ed Ermengarda– la pericolante viva, la disperante defunta–diventa ponte sulle acque scure.