Piccolo estratto da IO SONO IL LUPO. Il branco, dopo la caccia, torna alla tana. Mamma Adolfa ed i cuccioli sono spariti (spostamento necessario a causa di un orso famelico).
I piccoli finalmente si acquietarono ed anche Adolfa poté rilassarsi. Permise loro di attaccarsi alle mammelle, cercando di compendiare con gli insegnamenti a sua volta ricevuti dalla madre, quanto ai cuccioli già suggeriva l’istinto. Ogni atto, ogni gesto possedevano una valenza che andava oltre il mero significato del gesto stesso: quando Adolfa li stimolava a succhiare con maggior vigore, impartiva loro lezioni su una vita che sarebbe stata difficile, e se ora si trattava di conquistare una goccia di latte in più dei fratelli, prossimamente si sarebbe trattato di combattere contro un orso... Della vita loro erano ancora inconsapevoli comparse, ma sarebbe venuto presto il giorno in cui qualunque insegnamento materno avrebbe svelato il proprio arcano.
Il tempo per impartire ai cuccioli le lezioni che avrebbero fatto la differenza fra il vivere e il morire in quella foresta, non mancava: Adolfa avrebbe avuto l’intera estate e l’intero autunno a disposizione. Ma con l’arrivo dell’inverno tutto sarebbe stato più complicato e i suoi quattro marmocchi avrebbero dovuto essere in grado di sopportare il gran freddo, di vagare nella neve, di resistere alla fatica, e sempre con la pancia mezza vuota… Se fino ad un certo punto il loro status riservava loro quei privilegi che erano appannaggio dei nuovi nati, in seguito avrebbero dovuto cavarsela da soli e la dura legge del branco avrebbe regolato anche le loro vite.
La gerarchia era la chiave della sopravvivenza.
Mentre era occupata a far rinvenire i cuccioli dall’imprevisto spostamento, i lupi tornavano alla tana, senza nulla da portare se non una piccola lepre tutta ossa. Avevano fame e sbavavano ma Rolf li aveva tenuti tutti a bada con i suoi ringhi minacciosi.
Appoggiò il magro pasto davanti alla tana ma con enorme sorpresa la trovò completamente distrutta: le radici erano state divelte e all’interno non c’era nessuno. Annusò l’aria, percependovi l’odore dell’orso. Inquieto, prevedendo un massacro, prese a ululare: un ululato straziante e lamentoso, a cui si unì l’intero branco.
Mentre le voci si rincorrevano in quel lamento inconsolabile, du-rante una pausa di silenzio si udì in lontananza un ululato solitario, nitido e vibrante. Era lei, la lupa alfa che lanciava al cielo e al mondo il suo canto di vita.
(figura di lupi che ululano, didascalia disegno, “ULULATO CORALE”)
E.T. Copyright © Emanuela Taddei
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