martedì 5 giugno 2018

ERMENGARDA: L’ULTIMA PRINCIPESSA LONGOBARDA


Sparsa le trecce morbide
sull’affannoso petto,
lenta le palme, e rorida
di morte il bianco aspetto,
giace la pia, col tremolo
sguardo cercando il ciel.
(A. Manzoni, “Adelchi”, atto IV)

Pirografia di Laura Stoppani

La figura di Ermengarda, la sposa ripudiata da Carlo Magno, sarebbe rimasta intrappolata per sempre nell’oblio, dimentica di lei la storia, condannata a una sorta di damnatio memoriae già dagli storici suoi contemporanei, concentrati i cronisti, evidentemente, sui grandi personaggi maschili protagonisti del dramma che avrebbe cambiato il volto dell'Italia, se Alessandro Manzoni, nella tragedia “Adelchi”, non le avesse conferito nuova dignità in virtù del suo dolore, facendola passare dalla stirpe degli oppressori alla schiera degli oppressi, tanto che, ancora oggi, la sventurata fanciulla sembra appartenere più alla poesia che alla storia. Fu Manzoni a riscoprirla, a “inventarle” un'anima, riproponendo la sua triste vicenda all'attenzione degli uomini, facendola, così, nascere a nuova vita: la vita della poesia. Vittima innocente delle feroci passioni degli uomini, agnello sacrificato sull'altare della necessità politica, grazie al poeta il suo nome divenne quasi il simbolo di un destino infelice e la sua patetica immagine entrò nella fantasia popolare, suscitando sempre un senso di triste compianto.
 


Nessun commento:

Posta un commento