domenica 2 dicembre 2018

IO SONO IL LUPO di Emanuela Taddei (prime pagine)

"IO SONO IL LUPO" DI EMANUELA Emanuela Taddei
Un altro romanzo in cerca di SPONSOR!!!
PROLOGO
LA TANA
L’antica foresta di faggi odorava di muschio e di foglie marce.
I suoi alberi arcaici si stagliavano alti verso la luce solare che filtrava a fatica attraverso i rami e le fronde verdi. Lame di luce si conficcavano come dardi sulla terra umida, conferendo brillantezza agli esangui licheni e alle rosse e nere foglie depositate da tempo immemore al suolo. L’odore della lettiera in decomposizione era il respiro stesso della faggeta, che umido e fresco accoglieva la vita pulsante e invisibile che prosperava nel suo regno, schiava delle sue leggi, della eterna sete di luce che teneva viva la faggeta. Arbusti, alberelli di altra specie ed erbe del sottobosco erano scomparse da tempo, lasciando qualche resto là dove ancora il sole riusciva a raggiungere il terreno.

All’ombra di un faggio dalla corteccia ormai solcata e segnata dal tempo, un branco di lupi si riposava.
Sazi, sdraiati uno contro l’altro, si godevano la quiete della foresta. Alcuni sonnecchiavano, quasi che ciò permettesse d’estraniarsi dagli odori e dai suoni lontani che avrebbero reso la digestione più lenta e i muscoli meno pronti.
La caccia era stata proficua e le astuzie di Adolfa, la femmina alfa, erano state decisive per la cattura del cervo.
Ora la lupa non riusciva più a muoversi: era spossata, e giaceva quasi inerme contro un tronco annerito dal fulmine.
Era incinta.
Fino a pochi giorni prima filava alla testa del branco in cerca di prede, e la pancia quasi non si vedeva. Ora ogni movimento costava fatica, ogni respiro era una disputa contro l’affanno.

L’istinto le suggeriva che era tempo di predisporre la tana.
Con movimenti che qualche giorno prima sarebbero stati flessuosi e disinvolti, la lupa si allontanò barcollante dal gruppo e iniziò la ricerca di un luogo adatto. Durante le varie perlustrazioni aveva notato un buco sotto una grossa radice, ma prima di decidere si imponeva un ulteriore e più approfondito controllo.
Il suo olfatto finissimo subito le rivelò che quella era stata un tempo non lontano la tana di un tasso. Il muso prese a rovistarne il fondo, ma dopo qualche istante l’animale si ritrasse: era troppo piccola per l’uso cui intendeva destinarla, anche se non era impossibile adattarla, con qualche piccola modifica…
Le enormi zampe da eccellente camminatrice iniziarono a svuotare il pertugio da terra e detriti, passando e ripassando nel terreno all’inizio cedevole, ma poi più compatto e difficilmente penetrabile. Le ci vollero due buone ore di scavi e un artiglio scheggiato, prima che la tana diventasse più accogliente e spaziosa, ma ancora non bastava. (figura tana sotto il faggio, didascalia disegno: “TANA. AL CENTRO DEL TERRITORIO DEL BRANCO)
Mentre stremata si sdraiava sulla terra ammucchiata appena oltre l’imbocco, il suo udito perfetto le rivelava che il resto del branco ora stava giocando: in lontananza li sentiva guaire e uggiolare, indovinandone le rincorse e i salti festosi.
Il compito di costruire la tana era solo suo: non avrebbe tollerato che nessuno si avvicinasse o peggio tentasse di entrarvi: segno che il suo istinto materno cominciava già a farsi sentire.
Dopo qualche minuto riprese a scavare e finalmente, quando le dimensioni le parvero adeguate, rimestò la terra davanti alla grossa radice e la spianò.

Trotterellando tornò dai suoi familiari: il pelo grondava fanghiglia e frammenti vegetali. Appena giunta, li esaminò uno ad uno, e tutti la accolsero con grandi leccate e strusciate di muso.
Nei pressi gorgogliava un ruscello. Il lupo alfa Rolf si alzò e si diresse verso lo specchio d’acqua, mentre gli altri membri del branco lo seguivano in processione, quasi scortassero la lupa incinta.
Dopo Rolf, anche Adolfa si tuffò nelle acque gelate a ripulire il pelo dai residui di terra. Si era già a maggio, ma il ruscello pareva se ne fosse scordato, e i flutti ancora parlavano di ghiacci e di cime innevate.
Rolf le si avvicinò e zampettando compì un paio di giri intorno alla compagna. Poi con un balzo uscì dal ruscello e si scrollò l’acqua di dosso. (figura Adolfa e Rolf al ruscello, didascalia disegno: “COPPIA ALFA”)
Era quasi giunta l’ora del parto e lui, il padre, con tutti gli altri componenti del branco avrebbe avuto il compito di vegliare su Adolfa e proteggerla.

Nessun commento:

Posta un commento