"RINASCITA AL MUSEO SANTA GIULIA"
Carlo
oh Carlo[ ]… Hai voluto cancellare il tuo scellerato crimine dalla storia. Una
morte invisibile, un assassinio odioso che resterà impunito per sempre.
Apro
gli occhi. Sono sdraiata sul pavimento imbrattata di sangue. Vedo la statua
"Brescia armata" e la lancia che svetta ardita verso la volta.
Il racconto che vi
accingete a leggere ha come campo d’azione il Museo Santa Giulia di Brescia. Il
Carlo in questione è Carlo Magno re dei Franchi, e ad accusarlo del proprio
assassinio è Ermengarda, la moglie ripudiata e rinchiusa in un convento, il
Santa Giulia.
La donna assalita è
Cristina, una delle custodi del museo, fidanzata con Damiano.
Ermengarda e Cristina:
due donne accomunate da un destino segnato dalla violenza perpetrata dalle
persone che più amano. Per ragion di stato il primo, per rivoltante esercizio
di possesso l’altro.
Il tema fondante del
racconto è quindi la violenza operata dal maschio sulla donna: quasi a dire,
nel raffronto fra due protagoniste così lontane fra loro nel tempo, che questo
genere di violenza non ha età, ma è un tarlo di cui la storia umana pare
intrisa sin dai propri albori.
Ravvedo peraltro nel
testo un’altra ugualmente intrigante chiave di lettura, che individua nell’Arte
una sorta di antidoto alle brutture di cui l’essere umano sa rendersi capace.
Nelle visioni di Cristina, questa eterogenea commistione di reale ed irreale
che apparentemente la imprigiona sino all’evento finale, si trova nascosta la chiave
di volta per la sua salvezza personale, ma il messaggio intende essere più
universale: nel mondo dell'arte ognuno di noi può trovare un piccolo antidoto
contro le ovvietà e le frustrazioni quotidiane.
L’Arte che insegna,
consola e parla all’animo attraverso i sensi materiali, rallegrandolo e
stornandolo dai cattivi pensieri, in qualche misura “riumanizza” l’uomo ai
propri stessi occhi, redimendolo dai mali che egli stesso produce.
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