ABITARE IL SILENZIO di Francesca Sbardella
Conoscere da vicino la vita conventuale di un monastero di suore di clausura fa parte, sicuro, di quelle curiosità davvero non facili da accontentare. L’antropologa Francesca Sbardella nel suo Abitare il silenzio, edito da Viella, è riuscita a dare una risposta alle sue domande a riguardo, vivendo questa realtà ‘altra’ proprio sulla sua pelle.
Il suo interessante lavoro è proprio un
resoconto delle sue tre esperienze da postulante all’interno di due
differenti monasteri di clausura francesi, una ricerca sul campo che
pone la Sbardella in un ruolo del tutto differente da
quello di mera osservatrice. Il ruolo della studiosa è, infatti, attivo,
difficile e per certi versi doppio: perché deve accettare dei dogmi
senza i quali la vita convenutale non avrebbe alcun senso; perché deve
codificare e comprendere rapidamente una serie di dinamiche e di
linguaggio non parlato per entrare realmente all’interno della
microsocietà conventuale; perché se pure in pochi momenti, l’autrice si
lascia andare a reazioni personali strettamente interconnesse alla
pesante situazione vissuta in prima persona. Abitare in silenzio acquista
ancora più spessore grazie ad una serie di dialoghi tra l’antropologa e
le suore, che l’autrice riporta all’interno dei suoi scritti, per
concretizzare in maniera definitiva la sua esperienza, e trasmetterla ai
lettori in modo ancor più diretto e fruibile.
Abitare il silenzio,
come già dichiarato nel titolo, è un viaggio in una dimensione nuova e
diversa, in un mondo che poggia le sue fondamenta nel silenzio: un luogo
non fisico che la postulante, in questo caso l’antropologa, deve
abituarsi a vivere a pieno.
Non solo l’ambiente in cui Francesca Sbardella penetra
da aliena è silenzioso e già per questo rappresenta un enorme stacco
dal mondo “di fuori”, ma esso stesso [e la quotidianità che le sue
abitanti vivono attimo per attimo] è proprio modulato in funzione di
questa assenza: di parole, di gesti, di intimità. Un’assenza che, però,
non è vuoto, visto che le mancanze vengono riempite da regole, preghiere
e un continuo colloquio interno con la divinità. Un processo di
sostituzione del terreno con l’ultra-terreno difficile da comprendere ed
accettare, dal di fuori, ma che riesce a diventare un po’ meno distante
grazie a studi approfonditi come quello raccolto in Abitare il silenzio.
A completare il volume l’inserto fotografico ad opera di Franco Zecchin,
realizzato in un pomeriggio autunnale proprio all’interno di uno dei
monasteri in cui l’antropologa ha avuto modo di vivere la sua esperienza
di postulante.
Luca Ruocco
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