CAP 4 (RISVEGLIO DI AFRODITE LA DEA DELL'AMORE) COSA CHIEDERA' AD ALESSANDRO???
PER SAPERLO DOVRO' PROPRIO PUBBLICARE IL LIBRO...
Ormai era pomeriggio inoltrato, quell’ora in cui la luce obliqua del sole conferisce al bosco un aspetto quasi incantato. Le fronde verdi splendevano in trasparenza, giocando coi riflessi che le trapassavano, che poi si posavano sul sentiero in un pulviscolo dorato.
La primavera aveva risvegliato con i suoi tepori il sottobosco dormiente, e quasi l’orecchio poteva distinguere il suono delicato dell’erba che spuntava da ogni anfratto.
Alessandro saliva rapido verso la cima, intento in pensieri contorti e col rumore delle scarpe che si confondeva nel fruscio della boscaglia, mentre una vaga nebbia si diradava al suo passaggio. Giunto ad un punto in nulla dissimile dal resto del percorso, istintivamente i suoi piedi abbandonarono il sentiero, per dirigersi nella selva intricata e selvatica del fianco Nord del monte Palos.
Con le braccia scostava i rami e le propaggini spinose dei rovi, ansioso di giungere sulla cima, ma ad ogni passo percorso verso quella, aumentava ai suoi sensi la percezione della bellezza, del vigore, della rinascita… era l’influsso sensuale della primavera? Ogni centimetro della sua pelle era sensibile come un nervo scoperto, e quando sfiorò sbadatamente un cespuglio di mirto, emise un inconsapevole gemito di piacere. Si fermò, estasiato. Si avvide che nelle orecchie risuonavano dolci bisbigli, risa sommesse e femminili sospiri. Parevano provenire proprio dall’arbusto, ed allora comprese che non era soltanto la Primavera a istigarlo…
Immediatamente afferrò il fusto contorto del mirto e prese a scuoterlo con forza e a gridare:
-Svegliati Dea dell’amore, svegliati divina Citerea .
I clamori provocarono soltanto la levata di uno stormo di colombe e di passeri, che iniziarono a volteggiare in cerchio intorno a Alessandro ed all’arbusto, ma non avvenne altro. Il ragazzo decise che se ne sarebbe rimasto a strattonare quel cespuglio, finché la Dea non si fosse manifestata. I volatili nel frattempo avevano moltiplicato il volume dei loro canti, tubavano, incrociavano i loro voli in orbite aggraziate, nell’aria si sfioravano i becchi, lasciando ogni tanto cadere al suolo qualche morbida piuma.
-Svegliati divina Ciprigna!
Lo studio dei miti greci, passatempo obbligato nei giorni precedenti, lo aveva avvisato che molti Dei, rispondevano soltanto ad alcuni dei nomi che la tradizione ci aveva tramandato, per cui cercava di utilizzare tutti gli epiteti a lei dedicati. All’improvviso ai suoi piedi cominciarono a sbocciare crocchi di rose stupende, di colore rosso fiamma. Il battito cardiaco cominciò ad accelerare, il respiro divenne più frequente, una pressione interna mai provata prese a scuoterlo, e quando mente e corpo furono completamente soggiogati, udì una risata di donna, cristallina e nel contempo vigorosa. Si evocò una visione di cascatelle montane, dove le acque giocavano fra i sassi emettendo la stessa cristallina risata. Nell'aria si sparse odore di fiori e di erbe selvatiche. Poi la presa psichica prese ad affievolirsi, ed egli riuscì a levare il capo, sino a poggiare lo sguardo sul petto della Dea, senza riuscire tuttavia ad andare oltre, forse rammentando che chiunque fra gli Dei ne ammirasse il volto, tranne Atena, Artemide ed Estia, perdevano il lume della ragione. E se tale era il potere del suo sguardo sopra un Dio, chissà cosa poteva avvenire, se a sollevare incautamente lo sguardo fosse stato un umano… Le sue letture dicevano anche di una cintura magica, in grado di regalare perdutamente la dolce trappola dell’amore…
Poi rammentò il dono protettivo di Apollo, e ciò gli restituì un barlume di coraggio, alzò lo sguardo e la vide.
Era giovanissima, col corpo nudo ornato da una sottile cintura d’oro; al collo una lucente collana, orecchini d’oro a forma di cerchio, tempestati di gemme, e braccialetti ai polsi.
Il volto ovale, delicato e gentile sorrideva, mentre i suoi grandi occhi languidi e tremuli osservavano Alessandro, che al colmo dell’imbarazzo e del turbamento, ruotava la testa in ogni direzione, per tornare poi a posare lo sguardo sopra quella donna, che pareva racchiudere in tanta avvenenza la sensuale femminilità dell’intero pianeta. Resisterle, sarebbe stata impresa per chiunque, divina o umana che fosse la propria natura….
Con un gesto istintivo, il giovane si inginocchiò a sfiorarle i piedi in un bacio: erano candidi come i fiori del biancospino, le unghie simili a opali finemente cesellati. Soggiogato da tanta bellezza, rimase lì accucciato come un cagnolino servizievole, anche quando ella ritirò il piedino con un sospiro indecifrabile.
Maliziosa e candida allo stesso tempo, la meravigliosa Dea infine parlò. Voluttà ed ebbrezza scaturivano da ogni suo moto, e le parole carezzavano, lusingavano, irretivano.....
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Ormai era pomeriggio inoltrato, quell’ora in cui la luce obliqua del sole conferisce al bosco un aspetto quasi incantato. Le fronde verdi splendevano in trasparenza, giocando coi riflessi che le trapassavano, che poi si posavano sul sentiero in un pulviscolo dorato.
La primavera aveva risvegliato con i suoi tepori il sottobosco dormiente, e quasi l’orecchio poteva distinguere il suono delicato dell’erba che spuntava da ogni anfratto.
Alessandro saliva rapido verso la cima, intento in pensieri contorti e col rumore delle scarpe che si confondeva nel fruscio della boscaglia, mentre una vaga nebbia si diradava al suo passaggio. Giunto ad un punto in nulla dissimile dal resto del percorso, istintivamente i suoi piedi abbandonarono il sentiero, per dirigersi nella selva intricata e selvatica del fianco Nord del monte Palos.
Con le braccia scostava i rami e le propaggini spinose dei rovi, ansioso di giungere sulla cima, ma ad ogni passo percorso verso quella, aumentava ai suoi sensi la percezione della bellezza, del vigore, della rinascita… era l’influsso sensuale della primavera? Ogni centimetro della sua pelle era sensibile come un nervo scoperto, e quando sfiorò sbadatamente un cespuglio di mirto, emise un inconsapevole gemito di piacere. Si fermò, estasiato. Si avvide che nelle orecchie risuonavano dolci bisbigli, risa sommesse e femminili sospiri. Parevano provenire proprio dall’arbusto, ed allora comprese che non era soltanto la Primavera a istigarlo…
Immediatamente afferrò il fusto contorto del mirto e prese a scuoterlo con forza e a gridare:
-Svegliati Dea dell’amore, svegliati divina Citerea .
I clamori provocarono soltanto la levata di uno stormo di colombe e di passeri, che iniziarono a volteggiare in cerchio intorno a Alessandro ed all’arbusto, ma non avvenne altro. Il ragazzo decise che se ne sarebbe rimasto a strattonare quel cespuglio, finché la Dea non si fosse manifestata. I volatili nel frattempo avevano moltiplicato il volume dei loro canti, tubavano, incrociavano i loro voli in orbite aggraziate, nell’aria si sfioravano i becchi, lasciando ogni tanto cadere al suolo qualche morbida piuma.
-Svegliati divina Ciprigna!
Lo studio dei miti greci, passatempo obbligato nei giorni precedenti, lo aveva avvisato che molti Dei, rispondevano soltanto ad alcuni dei nomi che la tradizione ci aveva tramandato, per cui cercava di utilizzare tutti gli epiteti a lei dedicati. All’improvviso ai suoi piedi cominciarono a sbocciare crocchi di rose stupende, di colore rosso fiamma. Il battito cardiaco cominciò ad accelerare, il respiro divenne più frequente, una pressione interna mai provata prese a scuoterlo, e quando mente e corpo furono completamente soggiogati, udì una risata di donna, cristallina e nel contempo vigorosa. Si evocò una visione di cascatelle montane, dove le acque giocavano fra i sassi emettendo la stessa cristallina risata. Nell'aria si sparse odore di fiori e di erbe selvatiche. Poi la presa psichica prese ad affievolirsi, ed egli riuscì a levare il capo, sino a poggiare lo sguardo sul petto della Dea, senza riuscire tuttavia ad andare oltre, forse rammentando che chiunque fra gli Dei ne ammirasse il volto, tranne Atena, Artemide ed Estia, perdevano il lume della ragione. E se tale era il potere del suo sguardo sopra un Dio, chissà cosa poteva avvenire, se a sollevare incautamente lo sguardo fosse stato un umano… Le sue letture dicevano anche di una cintura magica, in grado di regalare perdutamente la dolce trappola dell’amore…
Poi rammentò il dono protettivo di Apollo, e ciò gli restituì un barlume di coraggio, alzò lo sguardo e la vide.
Era giovanissima, col corpo nudo ornato da una sottile cintura d’oro; al collo una lucente collana, orecchini d’oro a forma di cerchio, tempestati di gemme, e braccialetti ai polsi.
Il volto ovale, delicato e gentile sorrideva, mentre i suoi grandi occhi languidi e tremuli osservavano Alessandro, che al colmo dell’imbarazzo e del turbamento, ruotava la testa in ogni direzione, per tornare poi a posare lo sguardo sopra quella donna, che pareva racchiudere in tanta avvenenza la sensuale femminilità dell’intero pianeta. Resisterle, sarebbe stata impresa per chiunque, divina o umana che fosse la propria natura….
Con un gesto istintivo, il giovane si inginocchiò a sfiorarle i piedi in un bacio: erano candidi come i fiori del biancospino, le unghie simili a opali finemente cesellati. Soggiogato da tanta bellezza, rimase lì accucciato come un cagnolino servizievole, anche quando ella ritirò il piedino con un sospiro indecifrabile.
Maliziosa e candida allo stesso tempo, la meravigliosa Dea infine parlò. Voluttà ed ebbrezza scaturivano da ogni suo moto, e le parole carezzavano, lusingavano, irretivano.....
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