sabato 18 luglio 2020

CICALE

Rudi, il lupo sentinella, presidiava costantemente il “rendez vous”. Si trattava di un luogo pianeggiante di circa cento metri quadrati, celato agli sguardi indiscreti da una folta vegetazione. All’interno del loro territorio di luoghi simili ce n’erano una deci-na: erano gli spazi privati dei lupi, utilizzati per ritemprarsi nelle ore di riposo.
Il bosco era silenzioso, col caldo estivo che induceva gli animali a ripararsi sotto gli alberi più grandi. Solo il canto interminabile del-le cicale sospese fra i rami dava l’idea di una qualche attività in corso.
Pure in quel silenzio quasi monotono, Rudi percepiva i più piccoli movimenti e rumori, seppur lontani e quasi indistinguibili dalle voci del bosco: crepitii al suolo, un roditore che sgranocchiava un seme, fruscii di rettili, qualche tasso intento a scavare, fremiti di foglie, uno scoiattolo che zampettava su un ramo, un picchio im-pegnato a scovare larve o coleotteri annidati nei tronchi…
( IO SONO IL LUPO di Emanuela Taddei)

Le cicale vibravano i loro canti, i timballi producevano un suono stridente e continuo, i nibbi reali trillavano alti sopra la cima. Non era ancora estate ma nel luogo sacro ad Apollo le stagioni seguivano il ritmo imposto loro dal Dio.
Eternamente giovane, mollemente assiso sopra un triclinio in marmo rosa, meditabondo egli scrutava un punto oltre il colonnato: qualcosa nell’aria lo aveva turbato. Uno squilibrio, un’instabilità di origine sconosciuta.
Estrasse una freccia dalla faretra che gli pendeva dalla spalla sinistra, la incoccò e tese energicamente la corda, poi sollevò l’arco verso il cielo e la scagliò.
Mandando scintille come una saetta dorata, il dardo superò i diversi strati atmosferici e dopo qualche secondo si dileguò nello spazio siderale.
Febo (Apollo) attese che il suo sospetto divenisse certezza, poi chiamò a gran voce Ermes, che bighellonava nei pressi. Il Messaggero abbandonò immediatamente le sue occupazioni e si presentò al cospetto dell’Arciere.
-Caro fratello, molto tempo, molte Ere sono trascorse da quando i nostri Padri hanno stabilito quaggiù il loro dominio: gli Dei amano questo luogo da sempre, anche se sovente è stato il loro stesso comportamento a provocarvi sfaceli.
Poi venne il tempo degli Uomini e credimi: i disastri con cui hanno sfibrato il cuore stesso del Pianeta, hanno di gran lunga superato le nostre peggiori intemperanze. Ho percepito nelle piante, nel suolo, nell’etere, i segni di un morbo che come una presenza tumorale ha corroso l’anima stessa del mondo… ed il nostro Risveglio potrebbe rivelarsi effimero, tardivo, inutile forse.
-Come ti è stata rivelata tale tremenda notizia?
-Il dardo ha parlato e la sua voce era incontrovertibile: la Terra sta morendo.
Ermes scrutò nella direzione dello sguardo di Apollo e vide la lucente freccia che fendeva le oscurità dell’universo. Subito ne comprese il malaugurio. Con gli occhi spalancati a interrogare quelli del fratello, tentò di dire qualcosa, poi tacque: non c’erano dubbi, la fine era vicina.

Gli Dei senza profferire parola abbassarono lo sguardo. Sedettero sui gradini marmorei del Tempio e rimasero in quella posa statuaria, come in attesa che il tempo rimasto finisse di scorrere.
(IL RITORNO DEGLI DI DEI di Taddei Emanuela e Alberto Re)

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